Saverio Vallone innamorato di Tropea come lo fu suo padre, il grande Raf

Saverio Vallone

TROPEA – L’amore per la città di Tropea è qualcosa che nasce in Saverio Vallone sin da quando era bambino, perché è un luogo che ha sempre frequentato seguendo il padre, il grande attore Raf.

E oggi anche lui non perde l’occasione per ritornare nella perla del Tirreno insieme alla sua famiglia, ripercorrendo, anche con questi gesti, le orme del padre.

Ed è una storia che si ripete da sempre, da quando il grande Raf, suo papà, tornava nella sua città natale sempre con lo stesso entusiasmo riuscendo a trasmettergli lo stesso amore per una città dalla bellezza straordinaria dove, oggi, Saverio, ha tanti amici che lo accolgono e lo amano.

Lo abbiamo incontrato proprio a Tropea per farci raccontare un po’ della sua vita, in primis come ha vissuto il periodo di lockdown

«Abbiamo dovuto sospendere a febbraio le prove per “Stasera si recita a soggetto” di Pirandello, con Siravo. Riprenderemo le prove a gennaio e cercheremo di farlo nella seconda parte della stagione. Poi, in casa, è stato un periodo duro specialmente per i ragazzi, perché non hanno mai vissuto una cosa del genere, non sapevano neanche cosa fosse. La mattina erano impegnati con la scuola a distanza, poi guardavano i telegiornali come un bollettino di guerra. Io, invece, l’ho vissuto benissimo ed è stato molto importante perché son riuscito a riordinare molte cartelle, fotografie, addirittura tutto l’archivio di mio padre perché era rimasto in sospeso. Sono riuscito a rimettere a posto tutti i suoi libri e tra l’altro ho scoperto dei libri meravigliosi, dei testi di teatro fantastici che non conoscevo e mi sono dedicato anche alla lettura di altri testi di autori milanesi». In patica, Saverio ha scoperto una parte di suo padre ancora sconosciuta grazie agli appunti che ha potuto visionare.

Saverio ha cominciato la sua attività di attore sin da giovane, stando dietro la macchina da presa come operatore sul set di Pasqualino De Santis. A quei tempi era affascinato dalla telecamera. «Poi – prosegue – nel film “A mezzanotte va la ronda del piacere”, Marcello Fondato cercava il figlio di Claudia Cardinale, e ha messo me ritenendomi perfetto per quel ruolo. Non era un grande ruolo, ma comunque incisivo e importante». Fu il suo primissimo film, con Vittorio Gasman, Monica Vitti, Giannini e lui aveva 16 anni. Da lì è iniziata la sua carriera perché ha proseguito con altri film, andando anche a Venezia con un film sulla valanga azzurra.

Però, afferma Saverio Vallone «ho iniziato la mia vera attività di attore quando ho fatto la scuola Alessandro Fers a Roma, poi Dominique De Fazio a Los Angeles dove sono stato tre anni. Son tornato e ho lavorato per lo Stabile di Palermo per tre anni con Bianca Toccafondi e da lì è iniziato il mio amore per il teatro. Ho debuttato al festival di Borgio Verezzi dove è venuto a vedermi mio padre. Lui era molto prudente, aveva molta paura di scegliere per far lavorare con lui un attore che non fosse molto bravo, alla sua altezza. Venne con un produttore e mi scelse per fare “Il desiderio sotto gli olmi” dove ho avuto un bellissimo ruolo. Con lui mi son trovato benissimo perché ho lavorato con tanti altri attori come Arnoldo Foà, Gasman, Tognazzi. Stare accanto a questi attori è stato straordinario, si aprivano con me, forse perché ero incline ad ascoltare. Ho incontrato anche Sordi al festival di Manila, dove sono stato con il film “Un centesimo di secondo”, e ho conosciuto un Sordi completamente inedito, che era veramente un tirchio, ma era eccezionale per molti versi».

Con Foà ha fatto “La rivoluzione di fra Tommaso Campanella”, lavorando moltissimo in Calabria.

Tra i suoi ultimi film, la vita di Franco Califano, portato al festival di Cannes, e poi “Azzurro valzer” di Vanni Vallino, con Mita Medici. Anche per il piccolo schermo ha fatto alcune fiction ma non lo affascina molto per svariati motivi.

Ad ogni modo, Saverio Vallone, che ad oggi ha al suo attivo tanti film e tante opere teatrali, ci confessa di preferire il teatro perché «è come una cosa che nasce dal niente, incominci a creare, ad avvicinarti al personaggio che devi interpretare, a conoscerlo e soprattutto mi piace molto questo lavoro di gruppo, di equipe, che secondo me dovrebbe essere proprio la base anche sociale per tutto quel che accade nella nostra vita. Il lavoro di gruppo ben fatto, con grandi soddisfazioni, è la cosa più bella. Un bell’applauso in teatro vale tutto».

Vittoria Saccà

 

Il rapporto di Saverio Vallone con il padre Raf

Saverio e Raf Vallone in Tommaso Moro

Dalle parole di Saverio Vallone notiamo che il suo rapporto con Raf è stato bellissimo e che, oggi, va orgoglioso della storia che il padre è riuscito a costruire intorno al suo nome. Un rapporto tra padre e figlio basato su reciproca stima. «La grandezza sua è straordinaria – afferma con un lampo di luce negli occhi – Una grandezza unita all’umiltà. Se doveva parlare di lui non diceva mai che era stato candidato all’Oscar, né parlava dei successi dei suoi film. Guardava sempre avanti. Lui ha lavorato sempre, non soffriva il fatto della chiamata. L’anno prima di morire ha fatto altri film». Dal padre, Saverio ha avuto tanti insegnamenti, tra cui l’amare la vita attraverso la natura, le piante, l’alba del mattino, e poi la passione per la letteratura, ma anche per la lettura. «Quando ero piccolo – dice con un sorriso – lui mi imponeva la lettura ed è per questo che l’ho scoperta tardi. Da grande ne ho visto l’importanza». Cercava la verità in ogni cosa, prosegue Saverio, per essere più naturale possibile, «ripeteva il testo tantissimo attraverso tre mila tipi di intonazione e poi arrivava a quella sua naturalezza perché era proprio dentro di sé. E questo me l’ha proprio insegnato».

Ci parla anche dell’amore che Raf nutriva per Tropea, e si sofferma sui tanti ricordi a cominciare dalle emozioni che nascevano nella casa di Roma durante la preparazione per il viaggio verso la perla del Tirreno. Un’emozione che trasferiva a tutta la famiglia, compresi la moglie Elena Varzi e  Saverio che poi si trovava a giocare anche lui a calcio insieme agli amici tropeani del padre.

«Tropea è entrata dentro ognuno di noi – dice infatti – Mio padre però era dispiaciuto perché avrebbe voluto fare un teatro nei pressi del torrente Lumia, ma non glielo hanno fatto fare, c’era pure un finanziamento. Voleva fare anche un premio letterario, ma nelle sue proposte trovava sempre dei freni perché c’era una gestione di Tropea molto ferrea ma di cultura non se ne parlava».

E quando il padre è mancato, per questo motivo Saverio ha ideato il premio “Raf Vallone” già alla quarta edizione che si terrà a settembre prossimo, ed è inserito nel Dossier di Tropea capitale della cultura 2022, insieme alla mostra permanente a lui dedicata. «Lo faccio con spirito volontario, senza alcun tipo di compenso cercando di far pagare solo i viaggi degli attori. È un nome di garanzia e vedo che gli attori anche giovani ne vanno orgogliosi» e dice che presto si farà una mostra a Parigi su Raf su richiesta dell’ambasciata stessa.

Sul teatro in costruzione a Vibo, afferma che la proposta avanzata dal consigliere Comito, di intitolarlo a lui, è bellissima e meritata, e che darà lustro alla città stessa. «Sarà un riconoscimento importante soprattutto per il territorio che omaggia un cittadino nato a Tropea ma che è diventato cittadino del mondo».

Ad ogni modo, prima per Raf, ora per Saverio Vallone, Tropea è un luogo molto amato, e si augura che anche i suoi figli Raffaele e Caterina, continuino ad avvertire sempre questo stesso amore per la città.

Vittoria Saccà

About Vittoria

Docente di Materie letterarie presso il Liceo Scientifico "Berto" di Vibo Valentia. Vivo a Tropea, splendida cittadina che si affaccia sul mar Tirreno. Sono giornalista pubblicista.

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