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La storia di Tropea dell’abate Sergio

IMG-20180901-WA0008TROPEA – L’accogliente cortile del seminario vescovile è stata la cornice dentro cui si è svolta la presentazione del libro “La storia di Tropea”, ovvero “La Chronologica Collectanea sive Chronicorum de civitate Tropea”, dell’abate Francesco Sergio che, scritta in latino nel XVII secolo, è stata curata in lingua italiana da don Pasquale Russo coadiuvato da Sergio Meligrana e Antonio Massara.

Ha dato il via don Russo che ha salutato i presenti e ringraziato don Ignazio Toraldo di Francia, direttore del museo diocesano, per l’ospitalità, il quale, nel prendere la parola, tra le altre cose ha detto che amare Tropea vuol dire soprattutto custodire la bellezza che possiede.

La storia di Tropea, ha ripreso don Russo, è riferita ad una unità territoriale che va dal Potame al torrente Mandricelle, dove il Sergio «mostra Tropea come una madre che apre le sue braccia, con capo Vaticano da una parte e punta Zambrone dall’altra, in un grande abbraccio dei suoi figli, i casali». Una unità territoriale che da sempre ha goduto di una sua autonomia rispetto ai domini feudali mantenendo la sua libertà. L’opera dell’abate Sergio, ha proseguito don Russo, «costituisce un atto di amore per la sua terra, la sua città e la sua bellezza» ed ha raccontato le tante peripezie affrontate per recuperare il manoscritto.

Di seguito, dall’editore Meligrana, sono stati letti i messaggi inviati da Pietro Di Leo, direttore della collana “Tropiensia”, e da Antonio Massara.

Per Di Leo, “La Chronologica Collectanea sive Chronicorum de civitate Tropea” ora tradotta in italiano, consente ad un pubblico più vasto di arricchire la propria conoscenza del territorio tropeano da Zambrone a Joppolo, nel periodo cronologico che va dal XVI al XVII secolo. Perché essa «riferisce fatti precisi e analizza fenomeni, fornendo dati materiali e paesaggistici di notevole importanza». Massara, invece, nel tradurre l’opera del Sergio, ha avuto l’impressione «di intraprendere un curioso e complesso viaggio nel tempo». Sia perché il testo del Sergio restituiva una Tropea di trecento anni fa, e sia perché si cimentava con un testo scritto in un latino per lui inedito, anche se strettamente imparentato con quello dei suoi studi.

Parole di apprezzamento sono state rivolte da don Russo a Nicola D’Agostino che ha lavorato al testo con scrupolosità e al senatore Saverio Di Bella che ha curato la presentazione dell’opera.

Ha preso la parola il vescovo della diocesi mons. Luigi Renzo il quale, nella sua qualità di figura rappresentativa dell’unità della Chiesa, oltre ad elogiare l’impegno di don Russo, ha evidenziato l’importanza della valorizzazione delle bellezze di Tropea che non si possono fermare solo alla cipolla rossa, ma ha molto altro da mostrare ai suoi tanti visitatori, i quali, sicuramente, troveranno molto interesse. Ha evidenziato, tra l’altro, con sottile finezza, l’impegno profuso tre secoli fa per fornire di acqua la città.  Quindi ha dato risalto alle possibilità di portare avanti un discorso storico – culturale – archeologico e non soltanto economico.

Infine don Sergio Meligrana si è soffermato sulle difficoltà che la traduzione dell’opera, scritta in un latino volgare, non classico, ha determinato durante lo svolgersi del lavoro, e che ha richiesto  ricerche approfondite, confronti e studi. Con alta conoscenza della lingua latina ha spiegato l’immane impegno profuso per arrivare alla traduzione in lingua italiana. 

La traduzione del testo, ad ogni modo, ha comportato il lavoro di ben dieci anni, e poi c’è voluto il coraggio di un editore, in questo caso Giuseppe Meligrana, a dare finalmente vita ad un volume che, sicuramente, è una fonte particolare per conoscere la storia di Tropea. Perché conoscere il passato, è stato più volte detto, è fondamentale per comprendere il presente e costruire un buon futuro.

Vittoria Saccà