Racconti

I passi di mio Padre

«Papà sta tornando» diceva mia madre, la sera, quando si sentivano i passi giungere dalla strada.

Ed era una strada ancora di terra battuta quella che conduceva alla mia casa che era a pian terreno. I passi di mio padre erano rimasti quelli dei suoi lunghi anni di militare ed erano forti e vigorosi, là su quel lembo di terra a quell’ora pressoché sempre deserto. Dodici anni trascorsi nell’Esercito italiano si avvertivano ancora nella sua andatura. I suoi passi li sentivamo non appena svoltava l’angolo per prendere la via di casa distante poco meno di cento metri.

Mia madre posava il suo lavoro di cucito e metteva nei piatti la cena che teneva pronta. Io e mia sorella mettevamo da parte libri e quaderni. Mia sorella aiutava mia madre, io correvo alla porta per aspettarlo sull’uscio. Anzi, a volte mi portavo nel mezzo della stradina e lo guardavo mentre si avvicinava.

Che immagine bella, quella di mio padre! Già da lontano mi sorrideva mentre camminava, quasi marciava verso casa portando le braccia avanti e indietro.

Appena vicino, allungavo la mano perché volevo prendergli la borsa, per alleggerirlo della stanchezza di una giornata di lavoro.

Ma lui non voleva.

«Pesa, no, bella!» e su chinava a baciarmi sui capelli».

Ci sedevamo a cenare. Eravamo in quattro. Io e mia sorella più grande, e loro due.

Certe volte sotto il tavolo si accucciava la gattina, quando riusciva ad eludere la vigilanza di mia madre, e lei, furbacchiona, si strusciava nelle mie gambe perché sapeva che le avrei allungato qualcosa. Ma poi mia madre le avrebbe riempito il suo piattino, ma fuori casa perché dentro non ce la voleva.

Si cenava in serenità, mio padre ci raccontava la sua giornata e noi la nostra.

Da quella borsa spesso tirava fuori qualche tavoletta di cioccolato e la dava a noi bimbe. Poi noi due andavamo a letto al piano di sopra e lui restava a chiacchierare con mia madre. Parlottavano a voce bassa per non disturbarci. E la giornata si chiudeva così per poi ricominciare all’indomani.

Non ricordo un rimprovero, né uno schiaffo, ma solo carezze. E ora che i passi di mio padre sono diventati leggeri, risuonano ancora nella mia mente com’erano allora nel vigore dei suoi anni, e nel trascorrere del tempo sono diventati melodia. Una musica dolce che mi parla di lui e del suo sconfinato amore verso di me e per tutta la nostra bella e semplice famiglia.

@Vittoria Saccà

Auguri Papà mio

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