La ghianda

la-quercia-albero_NG3Sono cresciuta all’ombra di una quercia, ed è per questo che trovo interessante l’articolo di
ALESSANDRO PILO, apparso su La Stampa il 19 gennaio del 2016
 
 “In un intervento fatto alla Camera dei Deputati il 2 febbraio 1903 un parlamentare eletto nel collegio di Urbino denunciava la situazione disperata dei contadini della zona, che in inverno si trovavano costretti a mangiare le ghiande, “proprio come i maiali”. Il consumo del frutto della quercia non era di certo occasionale, il mondo contadino e montanaro ne ha sempre fatto uso e negli almanacchi di cucina popolare si possono trovare varie ricette. Tuttavia a questo frutto secco si è sempre ricorsi quando costretti dalle contingenze del momento, dalle carestie all’autarchia fascista. Il fatto poi che le ghiande siano ricche di tannini e siano necessari vari cicli di cottura e lavaggio per liberarle da un sapore fortemente amaro e da alcune sostanze tossiche, aiuta a capire perché, quando possibile, se ne sia fatto volentieri a meno. Tuttavia è curioso pensare che la quinoa, uno dei cibi attualmente più ricercati e popolari nella cucina ecologica, sia anch’essa naturalmente amara prima dei trattamenti che la liberano dalla saponina, e come le ghiande fu a lungo sdegnata, al punto da rischiare quasi l’estinzione, dato che i conquistatori spagnoli la consideravano cibo “da indiani”.  

Che una sorte simile tocchi anche alle ghiande? Di certo le sue proprietà iniziano a essere riscoperte. Un recente studio realizzato in Portogallo dalla Scuola Superiore di Biotecnologia dell’Università Cattolica di Porto ha messo in evidenza che la ghianda è ricca di fibre e proteine, ha un alto potere anti-ossidante e grassi simili a quelli nell’olio d’oliva. Il fatto che non contenga glutine la rende poi particolarmente adatta ai celiaci. Sempre secondo lo studio lusitano, sembra poi che essa aiuti a combattere malattie come il cancro o l’Alzheimer.  

Ma non sembrano affatto secondari i vantaggi per l’ambiente. Il primo e più evidente è che si avrebbero a disposizione grandi quantità di proteine e calorie a basso costo, senza la necessità di alti consumi energetici o di fertilizzanti e pesticidi, come invece capita per la produzione di cereali e altri tipi di noce. Non a caso l’illustre ambientalista inglese Richard St Barbe Baker chiamava le querce e i castagni gli alberi del mais. La ricerca della Cattolica di Porto ha dimostrato che il 55% delle ghiande esistenti in Portogallo vengono sprecate; se anche solo la metà venisse utilizzata per il consumo umano se ne otterrebbero circa 80.000 tonnellate, il doppio delle castagne prodotte e commercializzate nel paese lusitano. Inoltre se le ghiande iniziassero a essere commercializzate ci sarebbe l’incentivo a piantare vari tipi di querce, favorendo lo sviluppo di una specie autoctona che fornisce un habitat e cibo a più di 200 specie animali. Infine le querce sarebbero anche un valido aiuto nella lotta agli incendi, visto che questo albero brucia con difficoltà e per questo può essere usato come naturale barriera tagliafuoco.  

Al momento in Italia l’uso alimentare delle ghiande si limita ad alcune miscele per il caffè di cereali, ma il suo potenziale come farina senza glutine o nei prodotti dolciari è ancora tutto da scoprire. Dall’interesse manifestato all’estero attorno a questa noce, viene da scommettere che sarà così ancora per poco”. 

About Vittoria

Docente di Materie letterarie presso il Liceo Scientifico "Berto" di Vibo Valentia. Vivo a Tropea, splendida cittadina che si affaccia sul mar Tirreno. Sono giornalista pubblicista.

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